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Nuovo Codice della Nautica e portualità: un’opportunità per rilanciare marina e porti turistici della costa toscana

Per la Toscana, con i suoi 397 km di coste continentali e oltre 16.000 posti barca, la portualità rappresenta senza ombra di dubbio una risorsa da tutelare e da sostenere. La nautica si sta avviando verso una lenta ripresa e questo è il momento per dare al settore la giusta chiarezza normativa, cosicché questa ripresa possa diventare un punto di forza dei territori. È, quindi, urgente un intervento normativo regionale.

Il Nuovo Codice della Nautica, approvato dal consiglio dei Ministri il 27 ottobre scorso e diventato legge dello stato pochi giorni fa, codice sul quale già in molti si sono espressi con pareri talvolta contrastanti, dovrebbe essere avvertito a livello regionale come un’opportunità per affrontare in ambito locale la normativa e deliberare una regolamentazione attuativa in grado di dare un incentivo concreto allo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture portuali presenti lungo la costa della nostra Regione.

È questo il caso della normativa che attualmente regolamenta i cosiddetti, “posti in transito”. Ad oggi, è previsto che ogni porto turistico (i più importanti chiamati anche marina) riservi alle imbarcazioni in transito il 10% degli ormeggi totali, il che equivale a riservare delle aree di banchina adatte ad ospitare tutte le categorie di imbarcazioni che l’infrastruttura può accogliere secondo il proprio piano ormeggi (lunghezza e baglio, cioè larghezza massima, sono i parametri utilizzati come riferimento).

Ciò significa che un Marina come il Cala de’ Medici, su un totale di 650 posti barca, deve riservarne alle imbarcazioni in transito 65, garantendo l’ormeggio a imbarcazioni che vanno dagli 8 ai 36 metri di lunghezza. Questo, chiamiamolo “vincolo”, negli ultimi venti anni è diventato sempre più penalizzante per i porti, anche perché è andato ad innestarsi su una congiuntura negativa. Mi spiego meglio: la maggioranza delle infrastrutture portuali presenti lungo la costa Toscana, così come nel resto d’Italia, sono state costruite da privati, che hanno pattuito col Demanio statale un canone per la concessione di terra e specchi acquei di mare per un determinato periodo di tempo, calcolato normalmente sulla base del piano di investimento presentato dal soggetto concessionario privato. Così facendo, i costi dell’investimento avrebbero dovuto essere ammortizzati. Il cattivo andamento del mercato della nautica che ha colpito il settore dal 2007 in avanti, la crisi diffusa che non ha risparmiato il comparto ed il progressivo ed inarrestabile aumento dei costi di gestione e mantenimento, hanno fatto sì che molte delle società concessionarie siano sprofondate nella crisi finanziaria, allontanando anche ulteriori possibili investitori.

È in questo contesto che la normativa concernente gli ormeggi adibiti al transito ha un peso non sottovalutabile: per i porti immobilizzare un certo quantitativo di posti barca significa dover rinunciare a dei possibili introiti che avrebbe potuto ricavare da una vendita o da una locazione, introiti che se ipotizziamo un valore medio a posto barca di € 150.000, per 65 posti barca equivale a tenere vincolati qualcosa come quasi 10 milioni di euro. La normativa, inoltre, era stata concepita per garantire approdi sicuri sparsi lungo tutta la costa della Penisola, costa che, però, all’epoca, presentava un numero molto inferiore di porti e marina, motivo per cui la percentuale era stata così stabilita. Allo stato attuale delle cose, tuttavia, è evidente come sulla costa Toscana siano sorte numerose nuove strutture che cambiano completamente lo stato delle necessità (basti pensare che sui circa 43 km di costa che intercorrono fra Rosignano e San Vincenzo, sono presenti ben 3 porti, per un totale complessivo di oltre 1.500 posti barca).

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il fatto che gli ormeggi adibiti al transito, così come normati, non sono più in grado di rispondere alle mutate esigenze della produzione cantieristica. A fronte, infatti, di un paese, l’Italia, la cui industria dei grandi yacht vanta il primato mondiale della produzione di unità, con ben il 49% degli ordini mondiali registrato nel 2017 e addirittura oltre il 30% della flotta mondiale (che oggi supera le 5.000 unità), presenta, per quanto riguarda la Toscana, una grande carenza di ormeggi per imbarcazioni e navi oltre i 44 metri di lunghezza, per le quali sono presenti solamente 413 posti barca, contro i 1.375, ad esempio, della Liguria. Se si tiene presente, poi, che oltre il 60% della flotta mondiale complessiva costituita dai grandi yacht staziona in modo permanente nel Mediterraneo, si può facilmente capire quale sia la reale opportunità per gli approdi della nostra costa.

Focalizzando sulla Toscana, questa fascia di mercato è particolarmente rilevante, dal momento che la Regione ospita una larga parte dei cantieri italiani leader mondiali nella produzione di grandi yacht, con il 40% del portafoglio di ordini globali.

Per fornire qualche altro dato, basti pensare che la permanenza media di un maxi yacht all’interno di un porto è di circa tre giorni, e che un maxi yacht di 40 metri di lunghezza ha una spesa media annua non inferiore ai 2 milioni di euro ed induce occupazione diretta a bordo di 10/12 persone, nonché indiretta di oltre 50.

In un quadro così delineato, appare evidente come la sfida per il Paese in generale, ma per la Toscana in particolare, sia quella di incentivare la presenza di ormeggi per imbarcazioni di queste metrature, così da poter usufruire di una ricchezza che è già alla nostra portata e che ha solo bisogno di essere indirizzata.

Ma quale potrebbe essere una soluzione per continuare a garantire un adeguato numero di posti al transito, regolato sulla base delle infrastrutture realmente presenti, senza penalizzarle economicamente, dato anche che, in inverno, la domanda è notevolmente inferiore, mentre in estate, quando la domanda è superiore, si verifica però un notevole “esodo” di imbarcazioni stanziali verso mete turistiche?

La soluzione, prospettata anche nel corso di due incontri tenutisi nel mese di dicembre ai quali ho preso parte in quanto Presidente della Sezione Cantieristica e Nautica di Confindustria Livorno – Massa Carrara e componente della Commissione Nautica regionale di Confindustria Toscana, potrebbe esserci suggerita dall’innovazione tecnologica. Un sistema telematico, infatti, interconnesso con le varie infrastrutture presenti sulla costa e, allo stesso tempo, dotato di un’interfaccia accessibile all’utente (ad esempio una App per Smartphone, Tablet o Pc), potrebbe gestire in tempo reale questa necessaria disponibilità di ormeggi, individuando le reali disponibilità all’interno dell’intera dotazione di ormeggi sull’area costiera toscana, senza obbligare le infrastrutture a riservare ormeggi non effettivamente utilizzati. Questo consentirebbe a porti e marina toscani di liberare una quota di ormeggi attualmente “impegnati”, così da poterli proporre per la locazione o la vendita, senza che venga occupato un solo metro quadrato in più di territorio.

Per la Toscana, così come emerso nel corso degli incontri confindustriali, questa è una grande opportunità per rilanciare il proprio territorio costiero, rendendo al contempo le proprie infrastrutture portuali “4.0”, nonché dando a tutti coloro che vedono nel concetto di rete, di network il vero futuro della portualità toscana, abdicando da campanilismi che ormai hanno fatto il loro tempo e non hanno più alcun motivo di esistere, la possibilità di ammodernarsi e, perché no, di accedere ad incentivi a costo zero.